L'affermazione dello
stalinismo: continuità e rottura rispetto al passato
L'involuzione
autoritaria dello stato sovietico voluta da Stalin rappresentò una specificità
della sua impostazione politica o fu piuttosto una conseguenza naturale del
modo in cui già Lenin aveva impostato i rapporti fra partito e stato?
Caratteri dello stalinismo
Sui caratteri del
regime instaurato da Stalin è ancora in corso un acceso dibattito
storiografico. Nei decenni passati gli storici e gli intellettuali sovietici
sostenevano che il regime staliniano non avesse assunto specificità tali da
distinguerlo dalla tradizione del marxismo-leninismo impostasi in Russia con la rivoluzione d'ottobre. Tale posizione è stata sostenuta anche, sia pure con motivazioni affatto diverse, da molti studiosi occidentali di orientamento anticomunista, i quali hanno sottolineato lo
stretto legame di continuità fra
leninismo e stalinismo: entrambe furono due
spietate dittature e quindi la seconda
non fu altro che la naturale
evoluzione della prima.
In realtà, fra l'età
di Lenin (1917-24) e quella di Stalin (1924-53) è possibile rintracciare sia
elementi di continuità, sia elementi di rottura. Il regime leninista, sebbene
fondato sul potere personale del principale artefice della rivoluzione, fu
privo dei caratteri totalitari dello stalinismo.
La Nep, avviata da
Lenin nel 1921, consentì lo sviluppo, sia pure con forti limitazioni, di una
imprenditoria privata che, se si fosse pienamente dispiegata, avrebbe forse
potuto avere effetti sul sistema politico nel senso di una sua parziale
liberalizzazione e di un superamento dei caratteri più marcatamente illiberali
del leninismo. Tuttavia, nella concezione leninista non c'era spazio per il
pluralismo politico, né per la libera dialettica tra forze politiche diverse.
Il partito unico come centro del potere politico, motore del processo di
trasformazione e strumento di controllo della società civile, è parte
integrante del bolscevismo ben prima dell'affermazione di Stalin. Per Lenin, però,
il potere dispotico del Partito bolscevico, effettivamente manifestatosi
durante il “comunismo di guerra”, non costituiva l'essenza dello stato
socialista, dal momento che l’affermazione della rivoluzione in Europa, da lui
auspicata, avrebbe consentito di allentare la stretta autoritaria e
centralistica del partito per dar vita a nuove forme di autentica democrazia
popolare. Viceversa Stalin, dalla seconda metà degli anni venti, impose progressivamente
un regime totalitario fondato sul terrore e sull'imposizione dall'alto di un controllo
coercitivo e sistematico di tutti gli aspetti della vita sociale ed economica.
Questi caratteri non erano parte del programma politico di Lenin, anche se non è
dato sapere come si sarebbe comportato Lenin una volta constatata la necessità
di gestire il “socialismo in un solo paese”. Un particolare infine va rilevato,
e cioè che i militari e i quadri di partito (comprendente allora poco più di
200.000 iscritti) che realizzarono la rivoluzione caddero in gran parte durante
la guerra civile, mentre il partito che successivamente si insediò al potere fu
composto da una classe politica perlopiù nuova e costruita a immagine e
somiglianza del suo leader mediante l'eliminazione anche fisica degli
oppositori interni.
Origini e fattori dell’affermazione dello stalinismo
Comunque sia, al di là
di qualsiasi giudizio morale o politico sull'operato dei due padri fondatori
dell'Unione Sovietica, è necessario comprendere le condizioni storiche che
resero possibile l'avvento della dittatura staliniana. Anzitutto, già negli anni
immediatamente successivi alla rivoluzione, il partito aveva concentrato in sé
tutto il potere politico, sottraendolo allo stato, che aveva raggiunto ormai il
collasso. In questo passaggio della storia della rivoluzione vanno rintracciate
le radici dello stalinismo. Inoltre va tenuto presente che la società russa,
dopo quasi dieci anni di distruzioni determinate dalla guerra mondiale e dalla
guerra civile, aveva conosciuto perdite materiali e umane ingentissime. Citiamo
a questo proposito lo storico cecoslovacco Reiman, autore del libro La nascita dello stalinismo: “Per un
periodo di dieci-quindici anni (dal 1914-17 al 1927) gli obiettivi di sviluppo
accelerato non furono concretamente perseguiti. [….] La situazione era
complicata dal fatto che la crisi maturava in un paese che era appena uscito da
un periodo di terribili sconvolgimenti sociali, in un paese in cui il nuovo
ordine di cose aveva forme ancora molto fragili. Tutte le idee tradizionali
sulle norme della convivenza umana e tutta la precedente scala di valori erano
distrutte, mentre nuovi valori stavano appena nascendo e il sistema dei
rapporti sociali era instabile, non essendosi ancora sufficientemente
solidificato”.
Un altro dei fattori
che accelerarono l'affermazione dello stalinismo fu il fallimento della
rivoluzione europea, che isolò il nuovo Stato sovietico: il “socialismo in un
solo paese” costrinse il paese a moltiplicare gli sforzi per sostenere lo sviluppo
forzato della struttura industriale, accentuando la concentrazione del potere
nelle mani della nuova burocrazia del Partito comunista.
E infine non va
dimenticata la pesante eredità del passato. In un paese agricolo e arretrato
che non aveva mai conosciuto l'esperienza della democrazia borghese moderna e
aveva vissuto sotto la duplice oppressione dell'aristocrazia fondiaria e della
burocrazia zarista, la centralizzazione del potere politico e la
statalizzazione dell'economia si inserirono in una linea di continuità
secolare.
Non pochi furono
infatti gli elementi comuni fra i due sistemi, entrambi fondati sul potere
assoluto di un capo carismatico, sul controllo capillare e pervasiva della
burocrazia (prima zarista, ora di partito), sulla centralità dello stato come
promotore dello sviluppo economico, sulla debolezza estrema della società
civile, priva di luoghi di espressione e di forme di rappresentanza.
Da I saperi della storia De Bernardi Guarracino, Bruno Mondadori, pag
140 e 141.
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