martedì 5 marzo 2013

Il totalitarismo di G. De Luca


IL TOTALITARISMO di Giovanni De Luca

Professore, tra le tante definizioni che sono state usate per il Novecento, una in particolare mi ha colpito: perché molti storici lo chiamano il «secolo dei totalitarismi»?
Come vedremo, questa definizione si riferisce in particolare alla "grande crisi europea" così come si sviluppò tra le due guerre mondiali. Storici di diverso orientamento culturale e ideologico hanno scelto tutti quel periodo. che va dal 1915 al 1945, come una sorta di "banco di prova" in grado di rappresentare i caratteri originari e specifici del XX secolo. Il mondo, ma direi in particolare l'Occidente europeo, visse allora l'esperienza assolutamente inedita del totalitarismo, ossia quella di un regime in cui lo Stato controlla non solo la politica e l'economia, ma anche e soprattutto l'intera società civile. I regimi totalitari che si affermarono in Italia (fascismo), in Germania (nazismo) e in Unione Sovietica (comunismo) furono caratterizzati dai seguenti elementi: l'uso della violenza per conquistare il potere e realizzare l'azzeramento rivoluzionario delle forme statali e di governo esistenti in precedenza; il controllo totale dell'economia da parte dello Stato; il potere politico monopolizzato da un partito unico, con la soppressione di tutti gli altri; la cancellazione radicale anche delle associazioni, dei circoli e di ogni altra forma di aggregazione spontanea della società civile. È evidente che non siamo più in presenza di sistemi autoritari e neanche di dittature militari così come li abbiamo conosciuti studiando i secoli precedenti.

Quindi dobbiamo pensare che quella definizione colga aspetti che appartengono solo ed esclusivamente al Novecento e che non erano mai stati sperimentati prima?
Sì. Questo fu un elemento colto immediatamente dai contemporanei. Attraverso il confronto tra comunismo, nazifascismo e democrazia, Raymond Aron, già nel 1939 in un articolo dal titolo Stati democratici e Stati totalitari, giudicava l'essenza del totalitarismo come indissolubilmente legata all'emergere di nuovi meccanismi di selezione delle élite dirigenti e di nuovi sistemi economici instauratisi dopo la grave crisi del 1929. Più in generale, è stata poi la filosofa Hannah Arendt a indicare il nesso strettissimo che lega il totalitarismo alla modernità e alla formazione di una società di massa che solo il Novecento conosce. Il successo del totalitarismo in Europa avvenne in condizioni rese praticabili unicamente da una società ad alto sviluppo tecnologico: l'ideologia totalitaria impose un corpo ufficiale di dottrine a cui occorreva necessariamente obbedire; per ottenere l'adesione almeno passiva di ogni individuo, richiedeva quindi l'uso delle più raffinate tecniche del condizionamento di massa e un solido apparato burocratico di controllo; d'altra parte, l'esistenza di un partito unico guidato dal dittatore necessitava di strumenti di mobilitazione e di integrazione possibili solo con la concentrazione monopolistica di tutti i mezzi di comunicazione messi a disposizione dallo sviluppo delle più sofisticate tecnologie moderne.

Ma questa definizione "unitaria" non rischia di mettere in secondo piano le specificità delle singole storie nazionali di paesi come l'Italia, la Germania, la Russia, che pure hanno attraversato vicende politiche e culturali molto diverse?
Nei progetti totalitari di Mussolini, Hitler e Stalin è possibile rintracciare una serie di elementi comuni che sono quelli che abbiamo appena visto: il culto di un unico capo assoluto; l'utilizzazione massiccia e oculata degli strumenti propagandistici offerti dai nuovi mezzi di comunicazione di massa (il cinema, la radio, la stampa); un'organizzazione poliziesca sempre più oppressiva e capillarmente diffusa su tutto il territorio nazionale. Su questo sfondo comune, però, ogni regime totalitario innestava altri elementi che scaturivano non solo dalla diversità delle singole storie nazionali, ma anche dalle differenze ideologiche (comunismo e nazismo erano specularmente contrapposti) e dal modo in cui nei vari casi si declinavano i diversi progetti di Stato e di società.
Allora esiste anche una specificità del fascismo italiano nei confronti del nazismo e dello stalinismo?
Sì, certamente. Il progetto di dominio di Mussolini era definito sia dal controllo totalitario del potere politico sia dal tentativo di fascistizzare l'intera società italiana. Su entrambi i versanti, però, le sue ambizioni naufragarono e Mussolini fu costretto ad accettare la coesistenza con altre forze e altri centri di potere che gli preesistevano e che avrebbero continuato a esistere anche dopo la sua caduta: l'esercito, la monarchia, il potere economico, il Vaticano. In questo senso si parla, a proposito del fascismo, di un "totalitarismo imperfetto", quasi a voler sottolineare come il nazismo tedesco e il comunismo sovietico avessero invece assunto un potere incontrastato, azzerando tutte le vecchie gerarchie. A questi limiti se ne aggiunsero poi altri. Ad esempio, il disegno di assorbire nelle istituzioni del regime l'intera società italiana si scontrò con la duratura persistenza di un reticolo familiare, parentale, di aggregazioni comunitarie, di interessi locali che restò sostanzialmente fuori dalla sfera politica e dalle organizzazioni legate al partito unico (il Partito nazionale fascista).

Tutto ciò che ha detto è molto "europeo"; ma nel resto del mondo, tra le due guerre mondiali, non succede niente di rilevante?
In realtà succede di tutto, a partire dalla crisi economica del 1929 che ridisegnò il mondo del capitalismo. Anche in Asia, in paesi come il Giappone, si installarono regimi che, se non si potevano definire totalitari, avevano marcati tratti autoritari e dittatoriali. In Cina. poi, con la guerra civile tra comunisti e nazionalisti, si ebbero le prime avvisaglie di quel processo che nel secondo dopoguerra avrebbe portato il paese a diventare un enorme Stato comunista. Eppure, l'esperienza dei totalitarismi europei resta qualcosa di unico e (speriamo) irripetibile nella storia del mondo.

Nessun commento:

Posta un commento

E' preferibile firmare i commenti. Grazie