La LOGICA è il primo momento del
sapere filosofico che ha i suoi ulteriori momenti nella FILOSOFIA DELLA NATURA e nella FILOSOFIA DELLO
SPIRITO. Hegel considera la logica nel modo tradizionale, cioè come disciplina
astratta e formale, volta ad assicurare la correttezza formale del
ragionamento. La Logica è
quindi la scienza dell’idea pura,
dell’idea in sé: è il pensiero stesso nelle sue forme fondamentali e nello sviluppo delle sue
articolazioni. L'espressione “in” sé indica il carattere di indipendenza da tutto ciò
che è altro: la logica quindi non tratta dei contenuti del pensiero, ma considera il sapere
nella sua forma assolutamente pura,
cioè non mescolato con elementi empirici e soggettivi. Per Hegel la logica
corrisponde ai pensieri di Dio prima della creazione effettiva [1]:
è il progetto astratto del mondo, è il mondo pensato prima della sua
realizzazione.
Poichè, per Hegel, la logica (= studio del pensiero) coincide con l'ontologia (= studio dell’essere), allora il pensiero (razionalità) e l'essere (realtà) coincidono. Pertanto, la logica
non solo descrive le determinazioni, le strutture e le modalità di sviluppo del
pensiero, ma rappresenta anche le determinazioni, le strutture e le modalità di
sviluppo della realtà.
In altre parole, l’idea è l’essenza della
realtà (ciò che è razionale è
reale, ciò che è reale è razionale), è lo scheletro, la
struttura della realtà. Più vicino ad Aristotele, che aveva già stabilito l’identità
tra logica e ontologia (ossia metafisica), Hegel si allontana da Kant, per il
quale le categorie sono determinazioni solo del pensiero [2].
Anche nella logica Hegel procede per via dialettica: la dialettica, quindi, non è soltanto legge del
pensiero perché anche la realtà segue un ritmo dialettico che la ragione
ricostruisce e mostra [3]. Questo
ritmo dialettico può essere paragonato ad una spirale dove ogni triade
costituisce una anello via via più ampio e in questo senso la logica hegeliana
può essere rappresentata come un dire la
medesima cosa in maniera progressivamente più ricca. L’andamento
complessivo è proprio quello di un andare dentro la realtà per scoprirvi il
pensiero [4],
fino al disvelamento totale della verità che è appunto l’idea nel suo complesso.
La Scienza della logica quindi segue i
passaggi dialettici di tesi, antitesi e sintesi che corrispondono rispettivamente alla “dottrina dell’essere”, alla “dottrina dell’essenza”, alla “dottrina del concetto”. Il momento dell’essere
è quello “intellettivo”, in cui le determinazioni figurano ancora nella loro
astrattezza e immediatezza, quali le considerava la metafisica, cioè separate le
une dalle altre; il momento dell’essenza è quello “dialettico”, che nega la staticità, l’astrattezza e l’isolamento e costringe a superare l'opposizione per giungere al momento del concetto che è quello “speculativo”, dove il sapere giunge ad un
grado puramente razionale.
1. Dottrina dell’ESSERE: nell’analisi
dell’essere, Hegel prende in esame quelle che sono le sue determinazioni [5]
più immediate, cioè le forme più elementari, astratte e povere del pensiero.
Esse sono la qualità (il differenziare), la quantità (il contare) e
la misura (il confrontare).
La qualità è la determinazione indeterminata, cioè la determinazione concettuale più immediata e generica. La triade con cui comincia il movimento logico della categoria della qualità è costituita dall’essere, dal non essere e dal divenire.
La qualità è la determinazione indeterminata, cioè la determinazione concettuale più immediata e generica. La triade con cui comincia il movimento logico della categoria della qualità è costituita dall’essere, dal non essere e dal divenire.
Ø
Essere: è la categoria più vuota, povera e astratta, assolutamente indeterminata, priva di ogni
possibile contenuto e come tale essa si dà in modo semplice ed immediata, senza
identificarsi con questo o quell’essere particolare. Un qualcosa, infatti, è tale solo in quanto si distingue
da tutte le altre cose per le sue qualità. In questo senso, la nozione
di essere, in quanto priva
di qualsiasi determinazione, cioè non determinata, predicabile per tutto, non avendo una realtà propria, coincide di fatto col nulla. In questo modo tutto è essere ma nulla lo è in modo esclusivo (si tratta di essere in generale e non di essere particolare). Essere e nulla, contrapposti solo
apparentemente, in realtà coincidono perchè dell'essere non si può predicare nulla senza con ciò stesso determinarlo. Quindi il concetto di essere è identico a se stesso ma
anche al concetto del nulla.
Ø
Nulla: l'identità tra essere e nulla, a primo acchito talmente contraddittorio da risultare incomprensibile, è semplicemente un nuovo modo di vedere la realtà: un modo cioè dialettico. Per superare questa
contraddizione, cioè l’identità tra essere–nulla, il pensiero deve
trovare un concetto che li ricomprenda entrambi su un piano più elevato, un
concetto che costituisca cioè la sintesi di essere e nulla. Questo
concetto è il divenire.
Ø
Divenire: è
l’unità di essere e nulla, in
quanto il “divenire”, il “mutare” è essere
e non essere contemporaneamente (ciò
che diviene, infatti, è
sempre se stesso ma non è
più ciò che era prima). Il divenire
è la reciproca trasformazione dell’essere
nel non essere e viceversa. Ciò
equivale a dire che la realtà si presenta sempre nella forma di un divenire: ciò che diviene infatti transita incessantemente dall'essere al nulla (muore) e dal nulla all'essere (nasce).
Dal divenire viene il qualcosa: l’essere non è più indeterminato ma si determina.
L’essere determinato è tale
in virtù della qualità, della quantità e della misura.
La qualità specifica l'essere e lo rende finito. La conoscenza fondata sulla rappresentazione qualitativa, conduce ad una rappresentazione del mondo fondata su individualità sussistenti di per sè, come le monadi leibnitziane;
la quantità corrisponde all'approccio meccanicistico al mondo;
la misura, la quale è data dal rapporto qualità-quantità e determina la quantità della qualità (il quanto qualitativo): nella realtà, ogni qualità sussiste in un certo grado, così come ogni quantità stabilisce il grado in cui sussiste una certa qualità. Il limite di Leibniz e del meccanicismo consiste di privilegiare un solo approccio, ignorando il rapporto che esiste tra quantità e qualità. La misura pertanto supera la contrapposizione tra quantità e qualità ma, in quanto mero ed estrinseco rapporto numerico, è inadeguata a cogliere l’autentico quid delle cose: l’Essere non può essere colto nelle sue caratteristiche immediate (qualità, quantità, misura) che si rivelano, infatti, tutti concetti insoddisfacenti in quanto categorie che considerano l’essere nel suo isolamento mentre l’essere determinato, che è sempre un’entità finita, non si può comprendere se non in riferimento ad altro. Questo “fallimento” determina il passaggio ad una nuova sezione della logica in cui assume rilevanza fondamentale “la verità dell’essere”, cioè l’essenza.
La qualità specifica l'essere e lo rende finito. La conoscenza fondata sulla rappresentazione qualitativa, conduce ad una rappresentazione del mondo fondata su individualità sussistenti di per sè, come le monadi leibnitziane;
la quantità corrisponde all'approccio meccanicistico al mondo;
la misura, la quale è data dal rapporto qualità-quantità e determina la quantità della qualità (il quanto qualitativo): nella realtà, ogni qualità sussiste in un certo grado, così come ogni quantità stabilisce il grado in cui sussiste una certa qualità. Il limite di Leibniz e del meccanicismo consiste di privilegiare un solo approccio, ignorando il rapporto che esiste tra quantità e qualità. La misura pertanto supera la contrapposizione tra quantità e qualità ma, in quanto mero ed estrinseco rapporto numerico, è inadeguata a cogliere l’autentico quid delle cose: l’Essere non può essere colto nelle sue caratteristiche immediate (qualità, quantità, misura) che si rivelano, infatti, tutti concetti insoddisfacenti in quanto categorie che considerano l’essere nel suo isolamento mentre l’essere determinato, che è sempre un’entità finita, non si può comprendere se non in riferimento ad altro. Questo “fallimento” determina il passaggio ad una nuova sezione della logica in cui assume rilevanza fondamentale “la verità dell’essere”, cioè l’essenza.
2. Dottrina dell’ESSENZA: l’Essere, che è
immediatezza, si supera e trapassa nell’Essenza, che è il fondamento, la verità
dell’Essere. Dalle categorie dell’essere immediato, che
concernono l’essere, per così dire a livello superficiale, si passa al momento
della riflessione in cui l’Essere si ripiega su se stesso,
finendosi per riconoscere uguale a se stesso e diverso dalle altre essenze. Nella
logica dell’essenza, quindi, il pensiero si approfondisce, ossia cresce secondo
la dimensione della profondità perché
vuol vedere che cosa c’è sotto la superficie dell’essere, e arrivare al fondo
di esso, trovando la
verità, il fondamento, le radici, l’Essenza stessa dell’Essere. L’essenza, però, non è rinchiusa in una
definizione, ma si fa nel rapporto e nel conflitto, in un rapporto dialettico.
L’essenza nasce quando il dato iniziale è messo in relazione con la negazione,
cioè con il suo opposto, con la differenza (rifacendosi a Spinoza, omnis determinatio est negatio). Nel
momento in cui definisco qualcosa in modo preciso, escludo, cioè nego tutte le
altre determinazioni. Attraverso la negazione, ogni realtà definisce se stessa,
ma al tempo stesso chiarisce le proprie relazioni con le altre realtà. La
negazione, tuttavia, non nega mai tutto, nega sempre qualcosa di determinato,
un contenuto particolare. Per questo è una negazione determinata. Quindi la negazione ha un ruolo positivo, dinamico e pone le basi per il superamento delle differenze, delle opposizioni, giungendo così ad una totalità superiore. Qui Hegel respinge la logica aristotelica fondata sul principio di identità (A è A), di non contraddizione (A non è non A) e del terzo escluso (A o non A).
,
3. Dottrina del CONCETTO: scaturisce
dal superamento delle due precedenti fasi. Nella logica del concetto il
pensiero raggiunge la sua compiutezza, ossia si attua l’identità tra pensiero e
essere. Il concetto non è più il concetto dell’intelletto
astratto e unilaterale, diviso dalla realtà e opposto ad essa, ma è l’idea, il concetto della ragione, che è
il solo punto di vista della verità. Il Concetto è il pensiero stesso, è
il Soggetto che autocreandosi crea
tutte le determinazioni logiche, produce i suoi contenuti, si scopre insomma
essere tutta la realtà. In altre parole, il pensiero, nel suo procedere,
realizza se stesso e il proprio contenuto. La logica del concetto non sfugge
alla consueta struttura tripartita e si divide in dottrina della soggettività, dottrina dell’oggettività e dottrina dell’idea. In
altre parole, la dialettica del concetto mira nel suo complesso a un “riassorbimento”
dell’oggettivo nel soggettivo e alla definitiva affermazione del sapere assoluto o spirito come soggetto o idea. L'idea è l'unificazione compiuta di pensiero e realtà: è la struttura dinamica del'esistenza. Qui Hegel intende fornire una “dimostrazione”
definitiva di quell’identità dialettica di soggetto e oggetto che costituisce il
nucleo della sua filosofia: è la ragione, intesa come unità dell’ideale e del
reale, del finito e dell’infinito, dell’anima e del corpo, del soggetto e dell’oggetto.
Il
concetto è l’Idea che si autocrea e autocreandosi crea la totalità
della realtà in tutta la ricchezza delle determinazioni logiche e relazioni
interiori.
Hegel ha quindi ripristinato l’unità tra pensiero ed essere,
considerando le idee non come qualcosa di astratto e irreale: esse infatti “hanno
mani e piedi” per muoversi e agire nella realtà. Con ciò la struttura logica è completata: l'idea esce da sè, si spazializza, per diventare mondo, per uscire fuori di sè in direzione della natura.
[1] È la esposizione di Dio, come egli era nella sua eterna essenza prima
della creazione della natura e di uno spirito finito. Questa asserzione non
vuol dire ciò che significherebbe nel contesto della filosofia
classico-cristiana, dato che per Hegel l’Assoluto è processo, è risultato del
processo (autorisultato). Il Dio prima
della creazione è in qualche modo un minus
rispetto allo Spirito dopo la
creazione in quanto rappresenta il momento della tesi, mentre il Dio dopo la
creazione rappresenta il momento della sintesi. L'idea costituisce una sorta di progetto, il mondo pensato prima della sua realizzazione; tuttavia, questo progetto prima di diventare realtà, ha un proprio sviluppo, che ne determinerà tutte le articolazioni interne. La logica, oltre che scienza del pensiero è anche lo studio del definirsi dell'idea che diverrà mondo.
[2] Hegel biasima Kant per aver
negato la possibilità di costruire una metafisica come scienza: per Hegel,
infatti, un popolo senza metafisica è
come un tempio senza altare.
[3] La differenza rispetto alla Fenomenologia sta che in questa il luogo
in cui accade il movimento dialettico è il processo storico della cultura,
mentre il luogo dove accade il movimento dialettico della Logica è il pensiero. Inoltre, gli oggetti del movimento dialettico
della Fenomenologia sono le
concezioni etiche, religiose e politiche, quelli del movimento dialettico della
Logica sono i concetti, le categorie
cioè le forme di organizzazione razionale del mondo.
[4] Qui c’è il mito della dea
velata di Sais: arriva un discepolo che alza il velo e vede se stesso;
all’interno della realtà si tratta di vedere il logos, la razionalità.
[5] Per Hegel una proprietà o
determinazione acquista una certa stabilità,
si mantiene cioè come tale, solo attraverso una sorta di battaglia, volta ad
assicurarsi l’affermazione contro le infinite altre determinazioni che essa
esclude da sé.
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